No Borders

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Buenos Aires venne fondata una prima volta dallo spagnolo Pedro De Mendoza e poi da Juan De Garay sul finire del cinquecento. All’epoca del dominio spagnolo, Buenos Aires, visse un periodo florido che culminò nella proclamazione di capitale del Vice Reame del Rio de la Plata. Nel 1810 la Rivoluzione di Maggio, fu l’inizio di un periodo che porterà all’indipendenza all’Argentina ponendo fine al dominio spagnolo.
Buenos Aires è una città viva. Una delle metropoli più popolate del Sud America. Una città che non dorme mai. È stata chiamata la Parigi del Sudamerica per la sua architettura europea del centro che ricorda la Parigi degli anni ‘30 del novecento. A Buenos Aires ci sono tanti bei barrios (quartieri), ognuno con la propria caratteristica. Ne cito solo alcuni. Dal popolare Caballito al residenziale e pieno di vita notturna Palermo, San Telmo con la sua feria di San Telmo, mercato domenicale dell’antiquariato, fino alla Boca, il quartiere italiano, e poi l’ultimo quartiere creato in ordine di tempo, impresso di modernità, Puerto Madero, ottimo per le foto skyline dal Rio de la Plata. Buenos Aires è una città globale, che abbraccia tantissime culture. Dagli indios agli europei con la numerosa presenza italiana che tanto si adoperò per far crescere l’Argentina. Nel tempo ci furono tante altre nazionalità.  Tutto il mondo è presente in Argentina. Pure ebrei e nazisti, che si ritrovarono qui dopo la guerra, nella zona a sud di Buenos Aires, la regione dei laghi, ma anche ebrei e arabi non mancano. Mi parlavano qualche anno fa di un bar gestito e frequentato da ebrei ed arabi in totale armonia.

La Republica de la Boca

Gli abitanti di Buenos Aires vengono chiamati porteños, in quanto vivono in una città portuale, come accade anche agli abitanti di Valparaiso e non solo. Più che mai lo sono gli abitanti della Boca, visto che lo sbocco al Riachuelo era l’unico porto di Buenos Aires a quel tempo. La Boca, certamente primeggia per il suo essere speciale, attraente, con quelle casette fatte di legno e lamiera, che furono colorate con colori sgargianti. Le case venivano colorate con le rimanenze delle vernici usate per dipingere le navi. L’argentina è la seconda Italia e non può essere solo un punto di vista. Venticinque milioni di argentini possono dire di avere un antenato italiano.

La Boca fu il rifugio dell’immigrazione che veniva da tutto il mondo. Il presidente Roca aveva facilitato questo processo con alcune leggi e da quel momento la Boca diventò “la piccola Genova”. Proprio sotto la presidenza di Roca, alla Boca nacque un movimento separatista da parte dei genovesi; le cronache ne parlano al limite della legenda e del verosimile. Era il 1882 e nacque la prima Republica de la Boca. Avevano pure una bandiera che richiamava quella genovese. Il movimento venne subito soppresso dal presidente Roca. Si crearono altre due repubbliche successivamente, ma più che separatismo sembrava una forma di protesta. Alla Boca si parlava genovese, persino chi non era italiano “era costretto” a parlarlo per farsi capire. Italiani e spagnoli in maggioranza poi tutti gli altri. Anche turchi e poi arrivarono pure i cinesi. E questi dovevano tutti parlare genovese o al massimo parlavano cocoliche, lo slang spagnolo mescolato con dialetti degli immigrati italiani, quindi genovese, napoletano, con un po’ di lunfardo, una sorta di grande vocabolario slang, che ha influenzato lo spagnolo rioplatense d’Argentina e Uruguay, usato dagli immigrati italiani ma anche spagnoli, in continua evoluzione, e che permetteva di mescolare il loro italiano che sapevano poco e male, con i dialetti genovese, napoletano, piemontese e lo spagnolo che non conoscevano affatto, ma c’erano anche termini provenienti dal francese dell’Occitania. Altre lingue hanno influenzato il lunfardo sono l’inglese, il francese, il portoghese, il gallego e gli idiomi amerindi, come la lingua quechua o il guaraní. Parole incorporate al lunfardo, hanno cambiato forma o significato rispetto alla lingua originale da cui sono state tratte. Numerosi termini in lunfardo sono parole dello stesso castigliano che fuori dall’Argentina vengono considerate arcaiche. Agli immigrati italiani, si deve pure il primo Corpo dei volontari dei Vigili del Fuoco. La Boca ha voluto mantenere la sua origine genovese nel tempo, grazie ad associazioni culturali e all’apertura del Museo Historico de la Boca, che ha come scopo proprio quello di mantenere vivo il legame con la cultura genovese. Una città nella città, con più di 40 mila abitanti, che si trova alla foce del fiume Riachuelo. Sul finire dell’ottocento, il 60% degli abitanti della Boca erano genovesi. Erano marinai, operai dell’industria navale, commercianti, che avevano trovato alla “boca del Riachuelo” la loro nuova Genova.

Ovviamente c’era pure il tango, molto ballato dai boquensi, ballato nei cortili delle case, i conventillos (conventi). Erano case rialzate per le abituali alluvioni, usate per gli immigrati europei che in un primo periodo ci vivevano da soli, senza le famiglie. C’erano stanze condivise e cortili dove si ballava e si mangiava tutti insieme. Il tango era la danza della classe povera, e la sua lingua era il lunfardo, ed infatti inizialmente non veniva molto considerato dalle classi medio-alte, anche perché Le danze praticate dai neri frequentatori di tangos o tambos durante il Settecento e l’Ottocento erano invece di tipo collettivo: maschi e femmine si muovevano stando di fronte l’un l’altro e senza toccarsi, eseguendo di tanto in tanto alcune figure che erano viste come una mimica del coito (ecco il motivo di scandalo per i bianchi), ma poi a partire dal 1910 il tango ebbe la sua ribalta internazionale e divenne più importante della milonga. Il tango non ha una precisa localizzazione di nascita, nacque nel Rio de la Plata, quindi abbraccia Buenos Aires e Montevideo, Argentina e Uruguay, è rioplatense.
In Argentina non possono mancare le storie di fútbol. Non c’è Boca senza Boca Juniors. Anche qui storie leggendarie come il colore delle maglie scelte con la prima nave che sarebbe attraccata al porto. Fu una nave svedese, ecco spiegati i colori giallo e blu del Boca Juniors. I giocatori vengono chiamati Xeneizes da Zeneise che vuol dire genovese. Da qualche anno il sito del Boca Juniors ha inserito la lingua genovese insieme a castellano, inglese e italiano, fra le lingue del sito web ufficiale. Gli acerrimi rivali, invece, detti los millionarios, quelli del River Plate, nacquero pure loro alla Boca, e grazie a genovesi, salvo poi trasferirsi nel quartiere più ricco di Nuñez. Ma anche loro hanno un’anima genovese e italiana. Il nome fu preso dalle scritte River Plate impresse sulle casse scaricate da una nave inglese appena arrivata al porto della Boca.

Caminito boca

Benito Quinquela Martin

Oggi la Boca è una zona turistica di giorno, specialmente le strade intorno alla via Caminito, la via più celebre della Boca. Di fronte c’è il Riachuelo, e Isla Maciel – Dock Sud, altro quartiere difficile. La Boca si fa ammirare, con le sue case colorate, i locali con i ballerini di tango, il museo di Quinquela Martin, il Museo Historico de la Boca, nello stesso stabile del Banco Italiano di fine ottocento,  i numerosi negozi di souvenirs sul Boca Juniors e la Bombonera, lo stadio dalla forma a D, che trema quando la gente salta e che presto verrà ampliato.
La gente della Boca è sempre sorridente. Appena sa che sei italiano ti fa una gran festa oltre a chiamarti tano (tutti gli italiani vengono chiamati tanos in Argentina, da napoletano). Ti raccontano dei nonni italiani, della bellezza dell’Italia. Ti dicono che un giorno vorrebbero andarci in Italia. Alcuni sono riusciti a visitarla. Ma certamente non è un viaggio alla portata di tutti e non era difficile leggere negli occhi di quelle persone un po’ di nostalgia per qualcosa che hanno solo sentito dire e mai visto. La Boca ebbe già un periodo di decadenza, poi in parte il quartiere fu rivalutato e restaurato, grazie all’impegno di Benito Quinquela Martin, el pintor del barrio, che nelle sue opere dipingeva la vita lavorativa della Boca, che propose Caminito come nome di quella stradina che portava al fiume e che una volta vedeva passare il treno. Caminito come la canzone di Juan De Dios Filiberto, cantata da Carlos Gardel, che prese ispirazione proprio da questa stradina.
Di notte invece, c’è un’altra Boca, buia, dicono pericolosa, e se attraversi il ponte Avellaneda, forse lo è ancora di più. Le case fuori dalla zona turistica sembrano vecchie, e alcune sono semi-diroccate e abbandonate.
Nel 2009 sono stato per la prima volta alla Boca. Ci sono ritornato qualche altra volta. Ma non è mai abbastanza. In un periodo storico come il nostro, dove in Europa, il fenomeno dell’immigrazione viene visto come il male assoluto, invece di coltivarlo come una ricchezza, il caso della Boca vale certamente come esempio positivo di immigrazione.
Tornerò nuovamente, con nuovi occhi.

¹ Origini del tango rioplatense
² Ignazio Weiss – Gauchos, Gesuiti, Genovesi. Storie del Rio de la Plata, DE LUCA 1955
 ³ José Ceppi – Argentinos y europeos. Cuadros sudamericano

Documentari Video

  • I racconti della Boca, storie di genovesi e nostalgia.
  • La Boca del Riachuelo.

 

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