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Dopo la sosta nel pueblito di Villamar si riparte per Uyuni.
Mi sembra di stare in un film di cow-boy. Ma le strade sono tutte così in Bolivia o solamente perché qui siamo nel deserto di Atacama boliviano? Non so ma da quello che mi hanno raccontato è già tanto che viaggiamo su fuoristrada Toyota. Dopo un po’ che non so quantificare arriviamo a San Cristobal, altro villaggio sperduto per comprare acqua, qualche snack e foglie di coca che serviranno nel prosieguo del viaggio. Ripartiti siamo in compagnia. Infatti diamo un passaggio ad alcuni amici dell’autista e dopo un po’ di strada, all’improvviso la “gasolina” finisce. Ci ritroviamo, nel mezzo del deserto a piedi. Ma qui gli operatori turistici sono organizzati. Sanno già che dovranno affrontare migliaia di chilometri e poi in una situazione difficile dal punto di vista economico-sociale come quella boliviana, dove ci sono strade bloccate nei pressi di Sucre quindi con difficile reperibilità di carburante, è bene organizzarsi proprio come il nostro buon vecchio autista che nel portapacchi sopra le nostre teste, teneva una tanica di riserva. Previdente. Così si riparte e dopo otto ore di viaggio con i finestrini chiusi, per via della polvere che sarebbe entrata in auto, arriviamo ad Uyuni, una cittadina nel cuore del deserto di Atacama. Anche qui la polvere domina la città. Tutto è polveroso, siamo nel deserto. A differenza di San Pedro de Atacama, che era un villaggio da cow-boy, Uyuni è più città, con strade asfaltate e i soliti cavi elettrici che si intersecano agli incroci. Anche qui tanti cani. Avevo prenotato un alberghetto, da cui poi pensavo di organizzarmi qualche tour. Uyuni, vive di turismo, e vive soprattutto dei tour al deserto di sale. Nella principale piazza della cittadina, ogni giorno si affollano venditori che cercano di vendere questi tour al Salar e sono tutti uguali più o meno. Tutti prevedono una sosta al cimitero dei treni e il pranzo.
Siamo in agosto, ed è il periodo migliore per visitare il Salar. Infatti nel periodo estivo che coincide con la stagione delle piogge, il Salar è cosparso di un sottile livello di acqua e sale che può danneggiare le auto. Lo si percorre in fuoristrada, fino all’isola del Pescado, un’isola somigliante ad un pesce. Gli organizzatori del tour raccomandano di indossare un paio di occhiali da sole e usare creme protettive per il sole che è molto forte, nonostante siamo oltre i 3600 mt ma si sa che l’inverno in Sudamerica non esiste, ecludendo la Patagonia. Ma prima del Salar, il tour prevede una piccola sosta al cimitero dei treni di Uyuni. In mezzo al deserto, un ammasso di ferro arrugginito. Così si presentano i pochi treni boliviani di Uyuni. È un museo a cielo aperto ma niente è curato ed è tutto molto sporco. Ma la sosta per quella mezz’ora ci può stare. Ripartiamo. Quando si parla di deserto di sale si intende una distesa straordinaria di terreno fatto di sale. Un deserto. Infinito.Con i suoi 10.582 km², è la più grande distesa salata del mondo. Circa 40.000 anni fa faceva parte del lago Minchin, un gigantesco lago preistorico. Quando il lago si prosciugò si formarono i due attuali laghi Poopó e Uru Uru e i due deserti salati Salar de Coipasa e il gigantesco Salar de Uyuni.link Siamo in sei. C’è anche un italiano, con il quale scambio qualche parola per poi perderlo completamente, e poi francesi e brasiliani. Ma di fronte al paesaggio che ci aspetta e che vediamo dal finestrino, le parole sono inutili. Prima di addentrarci ci fermiamo nei soliti negozietti di souvenir sul salar e dove ci sono i cumuli di sale che viene lavorato. L’autista ci spiega qualcosa sul lavoro quotidiano dei salinai e poi via verso l’Isla del Pescado. Si sta in silenzio in auto, incantati dalla enorme distesa di sale e di spazio immenso, con l’autista che viaggia con la sua musica. E’ mattina, circa le 12. Il Salar si percorre veloce, incrociamo altri fuoristrada che tornano. Prima sosta all’hotel di sale, chiuso per problemi di scarichi fisiologici ma che riaprirà in seguito.
Arriviamo alla isla che è una grande roccia piena di cactus dove ci fermiamo per il pranzo. Ci sono tanti fuoristrada di altrettanti tour operator, tutti organizzati a preparare il pranzo per i turisti. Sulla grande rocca si paga 15$ bolivianos per la comunità. Come già constatato qui non sono mai tasse statali, ma tasse che aiutano direttamente la comunità locale. La vista del deserto e il calore del sole ti staccano quasi gli occhi. Tutto è gigante. C’è tanta gente, tutti a scattare foto, giocando con la prospettiva che può darti un’ immensa distesa di bianco mai vista e che nessuno potrà mai dimenticare.
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